Hard Alpitour 2020. Da Sanremo a Sestriere in 24 ore no stop di fuoristrada in moto. Con il team di @inmotoconlafrica per far conoscere il nostro progetto.

Ecco, raccontato da Ugo Passerini, il racconto della nostra “spedizione”:
La Hard Alpitour Sanremo-Sestriere è la manifestazione più importante nel calendario dell’Associazione Over2000 Riders. Ci sono tre formule per partecipare: noi abbiamo scelto la Classic, 530 km di percorso strada-fuoristrada no-stop tra le due famose località. Come sempre è stato un successo organizzativo, stavolta ancora più importante perché tra le sfide c’era quella alla pandemia che impone regole, che sono state rispettate, e che avrebbe potuto tenere lontani gli appassionati. Invece, con una presenza ancora più massiccia di stranieri, come sempre si è dovuto chiudere le iscrizioni con molti italiani in lista di attesa… a casa. Il progetto InMotoConl’Africa è stato presentato, valorizzato ed applaudito ai briefing ed inoltre sostenuto. Siamo partiti quindi, ognuno comunque a spese sue, con l’animo leggero; ringraziamo tutti per la collaborazione e la vicinanza. Queste sono due righe per farvi rivivere un po’ con noi l’esperienza.

Arriva sempre in queste situazioni, quando sei in moto da tante ore, il momento in cui non sai più dove mettere il sedere sulla sella. Inizia quel dolore lancinante eppure continuo, un torpore da tortura masochista, e inizi a guidare in piedi anche se sei su asfalto. Ma sei sudato, sei investito dall’aria della notte in montagna, non è più caldo e ti si congela l’umido addosso. Però ti fanno male anche i muscoli delle gambe, iniziano i crampi alle mani, allora ripiombi sulla sella, e dopo pochi minuti sei daccapo. Ti tiri di nuovo su, di braccia perché ti fanno male anche le ginocchia, si inchiodano le dita sulle manopole e non hai più la frizione sotto controllo, ripiombi sul tuo letto da fachiro e inizi a poggiarci su una gamba per volta, l’altra la lasci penzoloni. La sella è diventata di marmo ma è ancora in fondo il posto più comodo che hai a disposizione, la odi ma ti ci rifugi appena puoi. Fermarsi è vietato, significa allungare l’agonia. Ma sto facendo quello che mi piace di più, e lo farei sempre di più, ancora di più. Ogni tanto in lontananza davanti una lucina rossa, piano piano si avvicina, la offusca un po’ di polvere. Ti affianchi, è un compagno di Hard Alpitour, chissà cosa avrà pensato, provato, affrontato finora? È stanco, avrà avuto qualche problema? Speri non ti odi troppo perché lo superi, cerchi di farlo nel modo più invisibile e silenzioso che puoi – sapessi quanti mi passano a me, amico mio. Avanti, e avanti, e avanti. Non è più caldo da molte ore ormai, non siamo più sui Monti liguri, siamo in Piemonte, il panorama intorno suppongo sia severo, acuto, aspro, i miei fari illuminano solo il compitino da svolgere per i prossimi metri, il resto non esiste, è in un buco nero. Ci sono i fortini della prima guerra mondiale, “qui i nostri nonni ci hanno combattuto, sono morti per difendere noi e il nostro Paese, ora noi ci passiamo in moto per divertimento. È un bel passo avanti, apprezziamolo” disse tempo fa l’amico Stefano Valla come Presidente del Club Ténéré Italia ad un briefing nel Casinò di Sanremo. Parole sagge. Arriva la cena, mangia poco che poi ti prende sonno, arriva il mitico ristoro di Becetto dove ci si distende un paio d’ore. Stavolta mi sono trattato bene, per me ed i colleghi del gruppo InMotoconl’Africa un bungalow solo per noi, che sembra niente per dormire così poco e tutto vestito da enduro, ma almeno se c’è uno che russa sai che lo puoi mandare affa…bilmente fuori.

Abbiamo percorso 600 km di fuoristrada in 24 ore. Una distanza che in alcune zone d’Africa è spesso proibitiva e che con un 4×4 si percorre a volte in alcuni giorni . E proibitive sono spesso le distanze che separano in Africa mamme, bambini, persone, dai centri di salute. Ecco perché crediamo nelle nostre Motoambulanze , progetto al quale tutti possono contribuire . www.inmotoconlafrica.org . Perché vanno a coprire con efficacia “quell’ultimo miglio”, portando aiuti e soccorsi. Grazie e buona lettura
….E ‘notte fonda, si torna in sella, l’alba non è vicina e le pietre sono tante. Mannaggia quanto s’è rovinato ‘sto percorso. La cava della zona di Rucas è una bella pesca dopo tutte queste ore, i sentieri sono più asciutti del solito ma forse per questo le pietre si sentono ancora di più. Ma come fa Alfredo “the wildest” con la sua 950? Eppure è sempre lì, sereno e sorridente. Imperturbabile Michele “the leader”, ma è anche vero che guida la moto più leggera del gruppo. Non è una colpa se uno è furbo… Luigi “the youngest” dopo la sosta notturna lo vedo un po’ meno pimpante ma ormai ha un’esperienza che gli permette di guidare di conserva e nessuno se ne accorge. Solo che ha ripreso il percorso in leggero ritardo col gruppo e… l’ha imboccato in senso opposto… dettagli, lo spirito è forte. Infatti è la carne che è debole… Enrico “the Fastest Mc Gyver” è un’altra certezza, non mollerà mai. Due defezioni le abbiamo avute, Giuseppe “Conte di Armagnac” ha subìto la scorrettezza di una protezione al gomito che si è spostata quando non doveva e porterà un braccio al collo per un po’ di giorni, mentre a Marco “the prince of darkness” la luce del fanale non è stata sufficiente e solo con la luna ballano i lupi ma non un endurista che deve restare sul sentiero. Il primo chiarore di una splendida domenica ci trova in discesa libera verso la mitica colazione di Pomaretto, non ci sarà la tromba un po’ sgangherata ma ormai familiare ad accogliere i sopravvissuti, peccato, e non bisogna rilassarsi troppo, mancano ancora cento chilometri. Ma i più belli, il premio per tutti quelli che ci sono arrivati, sporchi e stanchi ma sorridenti. Increduli di fronte a tanta maestosità, una bellezza quasi soprannaturale se non si trattasse di roccia, un elemento così antico che ancora sopravvive indenne. Le cime intorno hanno la nostra stessa altezza, l’Assietta fa gridare dallo stupore. Ancora un cambio di crinale, come ogni domenica tanti escursionisti a piedi e in bici a cui staremo simpatici come la sabbia nelle mutande, poi Sestriere, sono le 12 e 50’. Birra d’ordinanza e ruote verso casa. Con la mente ancora più libera e il deretano dolorante.
Grazie all’organizzazione della HAT, siamo stati accolti e raccontati ai briefing, hanno creduto nel nostro progetto In Moto Con l’Africa. E questo raddoppia la nostra felicità. Grazie anche ai miei compagni di avventura, e alla nostra buona sorte.

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